sofismi

Dobbiamo imparare a difenderci dai sofismi

Dobbiamo sapere come difenderci dai sofismi

Dobbiamo imparare a difenderci dai sofismi, che sono delle argomentazioni apparenti con le quale si vuole difendere ciò che è falso (dal lat. sophisma, e questa dal greco sóphisma).

Ci tocca vivere in un’epoca sofista. Basta leggere i giornali, vedere la TV o qualsiasi dei Mass media per rendercene conto. Si vede anche in alcuni uomini di chiesa, così per esempio, un vescovo diceva che nella sua diocesi si doveva aspettare tre generazioni per avere delle vocazioni, se fosse veramente così, Gesù Cristo non avrebbe dovuto scegliere e chiamare gli Apostoli nella prima generazione; altri, per esempio, hanno proibito ricevere ragazzi che siano figli unici per la vocazione sacerdotale, per rispetto alla famiglia, con un ragionamento di questo tipo Gesù, se volesse entrare, non potrebbe, sarebbe respinto; c’è anche il caso di una congregazione di religiose che ha deciso in un Capitolo di non ricevere più vocazioni perché già non ce ne sono…, etc.

«I Sofisti fanno un ruolo così detestabile nelle Aule, simile a quello degli imbroglioni nei tribunali. Fra gli antichi Saggi erano considerati i furfanti della Scuola. Luciano li chiamò Scimmie dei Filosofi. E io gli do il nome di Burattinai delle Aule. Una e altra sono Arti d’illusioni e trucchi. Platone (in Euthydemo) dice che dedicarsi ai Sofismi è uno studio altamente vile, e sono ridicoli sono coloro che lo esercitano: Studium hoc vilissimum est, et qui in eo versantur, ridiculi.

Il Sofisma si oppone direttamente all’intento della disputa. Lo scopo della disputa è di chiarire la verità: quello del sofisma, oscurarla: quindi il sofisma dovrebbe essere esiliato per sempre dall’Aula, non soltanto come ospite indegno e intruso con violenza in essa, ma come un perfido nemico della vera Saggezza. Cosa dirò sui Sofisti? Che sarebbe ragionevole che fossero puniti come falsari della Dialettica, sebbene non con supplizio di sangue, giacché non lo permette la benignità della Repubblica Letteraria, al meno con l’affronto pubblico del disprezzo comune.

         Sono d’accordo con la massima, che già alcuni hanno seguito, di non dare ai Sofismi altra risposta che quella di un’arguzia irrisoria. Un sofista dimostrava a Diogene che non era uomo con quest’argomento: Quello che io sono, non lo sei tu: io sono uomo, quindi tu non sei uomo. Gli rispose Diogene: Comincia il sillogismo da me, e otterrai una conclusione veritiera. Critica acuta, perché cominciando il sillogismo da Diogene, necessariamente il Sofista doveva farlo così: Quello che tu sei, io non lo sono: tu sei uomo, quindi io non sono uomo. Un altro sofista Dimostrava allo stesso Diogene che pensava a quel Sofisma noto fra gli Antichi, e che ancora oggi continua serve come divertimento per i ragazzi, e al quale a causa della tematica hanno dato il nome di Cornuto: Quod non perdidisti, habes; sed non perdidisti cornua: ergo cornua habes. A questo, Diogene, toccandosi la fronte, rispose: A dire la verità, io non li trovo. Da Diodoro, noto Sofista, riferisce Sesto Empirico, che di solito provava che non c’era moto con questo dilemma: Se qualche corpo si muove, o si muove nel luogo dove è o nel luogo dove non è; non si muove nel luogo dov’è, perché ciò è star fermo, e non muoversi; neanche dove non è, perché nessun corpo può fare alcuna cosa ivi dove non è: quindi nessun corpo si muove. Aveva demolito con quest’imbroglio, fra tanti, al Medico Erofilo. Accadde, tempo dopo, che a causa di un incidente Diodoro si slogasse una delle ossa, andò da Erofilo affinché rimettesse l’osso al suo posto. Allora Erofilo ebbe la sua rivincita, e invece di guarirlo, gli dimostrò con la sua stessa argomentazione che l’osso non era slogato dicendo: O l’osso quando si slogò si mosse nel luogo dove era, o ivi dove non era… Quindi, poteva ritornare a casa sua, perché essendo la sua malattia immaginaria, non aveva bisogno di guarigione. Ma alla fine Diodoro, supplicandolo riuscì a farsi guarire dal Medico. Si racconta anche che Diogene, quando un altro Sofista volle dimostrargli con un argomento di Zenone che non c’è il moto, non gli diede altra risposa che cominciare a camminare per la stanza, dicendo: Credo ai miei occhi, e non alle tue sciocchezze.

I Sofismi sono dei nodi, come il Gordiano, meglio tagliarli che scioglierli. Li scioglie lo studio, li taglia il disprezzo. Quello è più difficile, questo più utile: perché i Sofisti, vedendo che si lavora nel disfare i loro imbrogli, e facendo gala della difficoltà che in questo si trova, si sentono stimolati a continuare in essi; al contrario, finirebbero questo futile gioco, al vedere che non ricevono altra risposta che l’irrisione o la burla»[1].

Vediamo altri esempi:

  1. Tutta la filosofia moderna. Non stupisce allora di leggere nella lettera al P. Drouart del prof. Eugenio Sugita, docente nell’Università Imperiale, le seguenti entusiastiche dichiarazioni: «Che vita meravigliosa quella di questa Santa! Vittima di amore per Dio la serafica Vergine di Lucca sembra essere stata posta in questo mondo per opporre il suo candore e la sua umiltà ai sofismi della moderna filosofia, invenzione del demonio (corsivo nostro!)[2].
  1. Bultmann. «E non sorprende come, nella frenesia di togliere a Dio ogni attributo dell’antica metafisica, il Bultmann arriva a trasformare l’eternità (Ewigkeit) di Dio nella storicità (Geschichtlichkeit) delle sue manifestazioni bibliche con il sistema hegeliano: “Se Dio, secondo la tradizione biblica è persona, allora Egli è storico. Per il fatto che Dio non è senza il mondo, il creatore non è senza la creazione”. Un sofisma bell’è buono, perché la creazione presuppone il Creatore e non viceversa: S. Tommaso ha ben visto che in questo caso la relazione reale è solo da parte della creatura e non del Creatore»[3].
  1. Hume. «Per la ragione, dice Hume, che ciò sarebbe possibile soltanto se io potessi conoscere anzitutto il modo dell’unione dell’anima col corpo e poi il rapporto fra la volontà e il sistema nervoso dai centri fino alle membra periferiche dell’organismo. Ma tutto ciò è e resterà sempre un mistero. Il sofisma della posizione di Hume sta all’inizio, nella sua posizione sistematica di fenomenismo sensista…. il fenomenismo è contraddittorio»[4].
  1. Descartes. «Né più facile è l’argomento della Meditazione IV nella quale Cartesio, muovendo dalla coscienza della propria imperfezione come dubitante, passa all’idea chiara e distinta dell’Ente perfettissimo (…) Niente affatto: dire ch’io sono cosciente della mia imperfezione, significa che io apprendo, almeno confusamente, che mi manca qualche perfezione che desidero avere. Ma non segue da ciò che tale perfezione sia Dio, a meno che Dio non sia l’Esse come principio formale del mio essere: “Sed Deus iste Atheorum est” (…) Un sofisma anche questo, secondo il Nostro, e del tutto simile ai precedenti: ci si muove sempre dall’idea della perfezione dell’idea, per proclamare l’esistenza di fatto di un principio situato in un altro ordine, cioè in quello esistenziale»[5].
  1. Bayle. «Nel c. III è affrontata direttamente la tesi del Bayle: “che: una Società di atei potrebbe sussistere, perché avrebbe la morale derivante dalla intrinseca natura dell’uomo” (p. 249). Tutte le prove addotte dal Bayle sono puri sofismi: dove manca Dio, non c’è altro che la legge dell’utile e la cosiddetta “morale della natura”, la quale evidentemente esiste, ma non può convincere l’ateo che nega Dio ossia il fondamento di tale morale»[6].
  1. Feuerbach. «Ed è questo fenomenismo radicale allora, non la fede nella rivelazione cristiana, che diventa una illusione e un’autoillusione, come afferma imperterrito Feuerbach, ma aggiungendo sofismi a sofismi. Seguiamolo con pazienza ancora un momento»[7].

 

  1. L’ateismo. «In questo problema capitale dell’esistenza di Dio bi­sogna ammettere che la cultura, le filosofie, la storia comparata delle religioni e delle mitologie hanno creato molto fumo, introducendo distinzioni, prospettive di complessità inaudita che fanno volatilizzare lo stesso pro­blema. […] Noi ritorniamo al principio fondamentale che il problema di Dio è il « problema essenziale dell’uomo essenziale », dal quale ogni altro problema dell’esistenza prende l’ultima chia­rezza (l’etica, il diritto, l’economia…). Questo problema suppone lo sviluppo di ogni coscienza normale quale ogni uomo può avere nell’età del discernimento. Gli elementi per la soluzione del problema che resta alla portata di tutti – dell’ “uomo comune” non meno che per il professore di metafisica – sono i seguenti:

a) L’ammissione dell’esistenza del mondo esterno, cioè della natura e degli altri uomini: senza di essa il sog­getto non si distingue dall’oggetto, l’uomo dalla na­tura, ma la coscienza vive nel caos.

b) La coscienza del proprio io come realtà complessa di anima e corpo e soprattutto come nucleo personale che deve orientarsi nell’essere e nella vita: senza la coscienza della pro­pria personalità non sorge alcun interesse, né proble­ma, tanto meno quello di Dio.

c) La convinzione della validità od oggettività, del conoscere e della sua capacità quindi di avanzare con l’esperienza e la riflessione, così da poter risalire dalle apparenze alle essenze, dalle parti al tutto, dagli effetti alle cause e viceversa. Ogni uomo normale è in questa persuasione: i dubbi su questi punti sono arzigogoli della sofistica[8]».

  1. E, in generale, S. Paolo ammonisce i fedeli di Colosse: «“nessuno vi inganni con la filosofia o con un vuoto inganno» (Col 2,8), cioè con la sofistica in cui cade ogni filosofia che pretende di dare l’ultimo senso della vita senza Cristo. “Per i pagani la Croce era follia e supremo tormento: per i Giudei, si sa, è stata di scandalo” (1Cor 1,22 s.); per l’attesa religiosa del popolo che aspettava finalmente il trionfo del Regno di Dio, la Croce fu di “scandalo” (skandalon) e l’epilogo del rifiuto. Per i Greci, e per quanti vivevano nella luce folgorante della loro cultura, che toccò i vertici supremi dell’arte e della filosofia, la Croce di Cristo dovette apparire “follia” (moria): un mondo capovolto e un modo inaudito per attingere la verità ed il senso della vita»[9].

Dobbiamo studiare e preparaci per difenderci dei molteplici sofismi che oggi ci avvolgono. Dobbiamo imparare a non scherzare abitualmente con la verità, perché i sofismi possono diventare in noi un’abitudine, quasi senza accorgercene.

Dobbiamo dare, sempre e soltanto, coraggiosa testimonianza della verità, che è Gesù Cristo!

Ci accompagni la Madonna.

[1] B. J. Feijoo, Teatro crítico universal VIII, Madrid 1779, 1-12. Consultado en http://www.filosofia.org/bjf/bjft801.htm#t80106.

[2] C. Fabro, Gemma Galgani, Testimone del soprannaturale, Roma 1987, 241-242.

[3] C. Fabro, L’uomo e il rischio di Dio, Roma 1967, 407.

[4] C. Fabro, Dio, introduzione al problema teologico, Roma 1953, 109.  

[5] C. Fabro, Introduzione all’ateismo moderno I, Roma 21969, 122.

[6] C. Fabro, Introduzione all’ateismo moderno I, 230-231.

[7] C. Fabro, L’essenza del Cristianesimo, L’Aquila 1977, 174.

[8] C. Fabro, Dio, introduzione al problema teologico, 106-107.  

[9] C. Fabro, Gemma Galgani, Testimone del soprannaturale, 44.